12/maggio/2023: Tesori Nascosti dell’Appennino Bolognese: alla scoperta delle Grotte di Soprasasso, antichi borghi, castelli fatati e chiese d’autore

Immerso nel cuore dell’Appennino bolognese, si nasconde un luogo poco conosciuto: le Grotte di Soprasasso, meraviglie naturali plasmate nel tempo da pioggia, vento e umidità, che danno vita a formazioni rocciose così complesse e perfette da rendere difficile credere che siano state create esclusivamente dalle forze della natura.

L’accessoprassasoso a queste grotte è stato a lungo difficile senza la guida di un esperto locale. Tuttavia, grazie a un gruppo di volontari di Riola di Vergato, un sentiero escursionistico reso agibile parte dalla zona di Cavalloro, facilitando l’accesso a questi tesori naturali. Il percorso è ben segnalato con cartelli, tronchi d’albero colorati e cavi di supporto.

Le Grotte sono tre. La Grotta di Soprasasso non è in realtà una grotta ma una larga insenatura che si insinua sotto allo sperone roccioso. Alla base, si è creata una sorta di larga seduta che, in alcuni punti, ricorda un trono. La Grotta dei Piatti è forse la più scenografica. È stata chiamata così per le tante cavità perfettamente rotonde che ricordano dei piatti. Quando si entra e ci si gira verso l’esterno, l’apertura triangolare della grotta regala un bellissimo scorcio sul cielo e sul panorama. La Grotta Buia è più difficile da raggiungere perché è posta in alto e la salita è difficile con il terreno sabbioso e può essere esplorata solo con una torcia perché si addentra in profondità nella roccia.
L’area circostante le Grotte di Soprasasso è intrisa di storia. Il sentiero stesso faceva parte della Linea Gotica, la poderosa opera difensiva fortificata costruita dai tedeschi durante la fase finale della seconda guerra mondiale per fermare l’avanzata anglo-americana verso nord.
Vicino al nucleo di Montecavalloro, già possedimento Matildico passato poi ai vescovi  di Bologna, indicato nelle antiche mappe come “Monte Cava l ‘oro” anche se non è certo se si tratti di un gioco di parole o di una antica presenza del prezioso metallo, sono ubicati due antichi borghi medievali Casa Monzone e Casa Costonzo che conservano intatto il fascino del Medioevo, la prima è giunta a noi praticamente intatta. Casa Costonzo, invece, importante edificio fortificato  databile tra il XIII e XIV secolo, citata  nell’Albo dei monumenti della Provincia di Bologna, ha subito un restauro che l’ha riportata all’antico splendore. Casa Costonzo fu sede della prima scuola medica medievale dell’Appennino Bolognese: merita ricordare che nel 1379 in tutto l’appennino esercitavano cinque medici: ben tre erano a Costonzo. In questi secoli l’arte medica rendeva bene e i medici di Costonzo risultavano essere i più ricchi proprietari della zona.  Dopo appena trent’anni, infatti vi sono testimonianze di altri medici nelle località vicine, tutti formatisi alla scuola di Costonzo.Casa Costonzo ha ospitato la prima scuola medica medievale dell’Appennino, e i suoi medici erano tra i più benestanti proprietari terrieri della regione.
Da Casa Costonzo in breve si scende a Riola di Vergato dove si trova l’unica opera italiana dell’arch. finladese Alvar Aalto. la chiesa di Santa Maria Assunta.
L’opera si ispira alla Natura circostante (il corso del fiume Reno e le grotte di Soprassaso) e alle costruzioni in pietra locali (il Parco Provinciale di Montovolo e il borgo della Scola). Lo stesso, commentando il progetto, disse: “Non voglio disturbare con il mio progetto ciò che Dio da sempre ha fatto in questo luogo”.
L’architetto si recò per la prima volta a Riola nel 1966 per prendere visione del terreno su cui edificare la nuova chiesa, prendendo conoscenza dei rilievi e degli studi preparatori, illustranti l’area su cui sarebbe nato il progetto a lui affidato. In questa occasione, colse il profilo dei tre monti circostanti: Monte Vigese, Montovolo e Monte di Vigo. Il maestro, in sintonia con la gente del luogo, invitò tutti a percorrere un cammino insieme per compiere questa grande impresa, sia a livello spirituale che fisico.
La funzionalità “organica” con cui il maestro progettò la sua opera, portò a considerare lo spazio e l’uomo nella loro sintonia, attraverso l’elemento luce che, grazie alla sua funzione descrittiva, genera la forma, la quale crea la struttura e la funzione. I termini ambiente e architettura, sostenuti da Alvar Aalto, non possono essere lasciati da parte nei suoi accostamenti con la luminosità del cielo, l’acqua del fiume che scorre e i colori della natura: il raggio di luce, il fiume e la chiesa diventarono così un tutt’uno.
Caratterizzata da pianta asimmetrica e da un’unica navata, dispone di vetrate sulla sommità che lasciano filtrare la luce, con un’intensità maggiore nella zona dell’altare, centro focale di tutto lo spazio. L’intera superficie interna è rifinita con rivestimento murale plastico di colore bianco – una soluzione che ne accresce la luminosità. La chiesa è l’edificio centrale di un complesso costituito anche da sagrato, campanile, casa canonica e opere parrocchiali
Un’altra attrazione imperdibile è la Rocchetta Mattei situata poco sopra Riola, nel comune di Grizzana Morandi, un castello da favola dall’architettura eclettica. Costruito a metà del XIX secolo dal conte Cesare Mattei, una figura di spicco nella società bolognese. Oggi il castello è aperto al pubblico ed è un vero spettacolo per gli occhi.
È un castello fiabesco unico nel suo genere per la combinazione di stili diversi e il labirinto di stanze interconnesse, cortili, passaggi, scalinate, archi, volte dipinte e torri.
La sua costruzione iniziò nel 1850 per volere del conte Cesare Mattei, che intorno a quel periodo, provato da varie delusioni sia politiche che private, aveva deciso di ritirarsi dalla vita cittadina. Si dedicò completamente alla costruzione della Rocchetta, un vero e proprio castello dallo stile unico e eclettico, e allo studio dell’ “elettromeopatia”, una pratica paramedica che unisce nozioni di naturopatia allo studio delle cariche elettriche. La personalità variegata e particolare del conte si riflette perfettamente nell’edificio, dove potremo osservare stanze e torri in stile moresco affiancate ad altre in stile medievale, magari collegate da scale con decorazioni liberty.
Sicuramente a rimanere più impressi nella memoria del visitatore sono il “Cortile dei leoni”, una riproduzione in scala ridotta del cortile dell’Alhambra di Granada, e la “Cappella”, la cui elegante alternanza di bianco e nero si ispira all’architettura della Mezquita (moschea) di Cordoba. La Rocchetta, dopo la morte di Cesare Mattei, passò prima al suo figlio adottivo e poi a un commerciante del luogo, che sfruttò la popolarità dell’edificio anche per aprire un albergo con annesso ristorante. Questa gestione “commerciale” durò fino agli anni ‘80, quando tutto il complesso venne abbandonato. Oggi gran parte della Rocchetta Mattei è visitabile grazie ai restauri della fondazione Carisbo di Bologna, che dal 2005 prosegue con i lavori per aprire al pubblico anche altre parti del castello.
L’Appennino bolognese nasconde un tesoro di bellezze naturali, storiche e architettoniche in grado di soddisfare le esigenze di tutti.

Gabriel Betti

 

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