La Via degli Dei da Bologna a Firenze

Bologna città medioevale dal forte carattere cosmopolita, con i suoi 40 km di portici iscritti nel patrimonio Unesco dal 2021, è il punto di partenza dell’itinerario, Da ormai dieci secoli i Portici di Bologna sono un punto di ritrovo e socialità nonché emblema di ospitalità e del buon vivere bolognese. Spazi coperti di proprietà privata ma ad uso pubblico, i portici sono il simbolo di sostenibilità e contemporaneità e ancora oggi sono riconosciuti, dai bolognesi e dai visitatori, come elementi identificativi della città stessa.

Firenze, il cui centro storico ‘ anch’esso iscritto nel patrimonio dell’Unesco è stato descritto come “una realizzazione unica nel suo genere, un capolavoro d’opera, il risultato di una continua creazione protrattasi per oltre sei secoli”, costituisce  il luogo d’arrivo della Via degli Dei.

Anche se niente impedisce di percorrerla al contrario).

In mezzo c’è l’Appennino Tosco Emiliano, con il suo fascino di luogo ancora da scoprire: la Riserva Naturalistica del Contrafforte Pliocenico, la “Flaminia militare”, strada costruita nel 187 a.C. per volontà del console romano C. Flaminio, il Castello del Trebbio, voluto da Cosimo I de’ Medici, il Santuario di Monte Senario dove i frati offrono ai camminatori il liquore “Gemma di abeto”, segretamente preparato in loco, la città di Fiesole, borgo gioiello delle colline fiorentine di fondazione etrusca…

Tutto questo è la Via degli Dei, un itinerario non religioso ma che nasce dallo spirito di un gruppo di camminatori bolognesi del CAI (Club  Alpino Italiano)  i “Dû pâs e ‘na gran magnè” – Due passi e una gran mangiata in dialetto – che intendevano raggiungere Firenze per… mangiarsi un’ottima fiorentina con lo spirito goliardico di chi cammina per godersi il viaggio e le piccole cose della vita.

Ugualmente è un tracciato storico che gli Etruschi e i Romani percorsero per sviluppare i loro traffici, che mercanti e viandanti intrapresero durante il Medioevo, che ha visto momenti tragici come la Seconda Guerra Mondiale (in gran parte siamo sulla Linea Gotica) e che oggi ha fatto rinascere piccoli paesi dell’Appennino che altrimenti avrebbero subito l’abbandono dei loro abitanti per mancanza di lavoro o di opportunità.

La Via degli Dei non è quindi solo un trekking, è anche un viaggio in un territorio che ha delle eccellenze nascoste incredibili, che solo in Italia si possono trovare. Non solo Bologna e Firenze, simboli di medioevo e rinascimento, ma tanto altro da scoprire, tappa dopo dopo, che renderanno questa esperienza unica ed indimenticabile.

Nome: Via degli Dei

Monte Adone, Monzuno – Mons Iovis, monte di Giove, Monte Venere, Monte Luario, Lua era la dea romana dell’espiazione

Luoghi attraversati: Da Bologna a Firenze

Lunghezza: circa 130 km

Numero di tappe a piedi: 5 o 6 ma è modulabile a seconda del tempo e delle attitudini dei camminatori

Numero di tappe su 2 ruote: 2 o 3

Credenziali del cammino: Sì (non è un documento religioso ma un bel ricordo da portare a casa)

Cartografia Ufficiale: Sì, in scala 1:25.000

Tutte le info: Ufficio Turistico infoSASSO, Via Porrettana 314, Sasso Marconi (Bo)

Contatti: 051 6758409 – info@infosasso.it

Gabriel Betti

Matera da “Vergogna d’Italia” a “Orgoglio Nazionale”

Matera oggi è considerata una delle città più belle d’Italia ed è talmente suggestivo il panorama della parte antica della città che appare agli occhi del visitatore come un presepe, da averle conferito l’appellativo di Seconda Betlemme.

Carlo Levi nel suo celebre romanzo autobiografico Cristo si è fermato a Eboli, scriveva “Avevo letto nella guida che Matera è una città pittoresca, che merita di essere visitata, che c’è un museo di arte antica e delle curiose abitazioni trogloditiche.” E proprio quelle curiose abitazioni trogloditiche sono da sempre il biglietto da visita della città lucana. I famosi Sassi, ovvero le grotte scavate nel tufo con i tetti che diventano pavimenti per le abitazioni dei livelli superiori e il fitto reticolo di vicoli sono, insieme alle Chiese rupestri, Patrimonio Unesco dal 1993.

Eppure Matera ha vissuto anni molto bui fino a venire bollata come Vergogna d’Italia, per capire come si arrivò a questa situazione di degrado bisogna ripercorrere la sua lunga storia.

Matera è una delle città più antiche d’Italia, forse del mondo. La particolare conformazione rocciosa su cui sorge ricca di anfratti e grotte ha costituito un prezioso rifugio sin dal Paleolitico. Nei secoli, la particolare urbanistica dei Sassi, ovvero l’’utilizzo delle pareti della gravina su cui sorge la città per scavare abitazioni, stalle, chiese rupestri, orti pensili, resse fino circa al 1700, grazie a soluzioni di ‘bioedilizia’ che per l’epoca erano efficienti, e anche alla sicurezza che forniva una posizione tanto particolare.

Tuttavia l’espansione incontrollata dell’agglomerato, l’aumento della popolazione, e contemporaneamente il declino della pastorizia portarono ad un drastico peggioramento delle condizioni di vita. Si ampliarono le grotte, si trasformarono in abitazioni chiese, stalle, cisterne, interventi che non solo portavano le famiglie a vivere in condizioni sempre più malsane, ma riducevano anche i pochi ‘servizi’. Lo stoccaggio delle acque era un problema sempre più grande, così come quello degli scoli fognari. Non vi era un sistema di raccolta dei rifiuti e le famiglie aumentavano di numero fino a vivere in dieci o dodici persone dentro umidissimi, bui e stretti anfratti scavati nel tufo, condivisi con asini, maiali e pecore. Il pane veniva impastato di fianco a mucchi di letame che sprigionando calore ne favorivano la lievitazione!

Nei primi anni del Novecento le condizioni erano gravi, ma con la guerra non fecero che peggiorare. Il tasso di mortalità infantile era oltre il 44%, l’analfabetismo onnipresente e malattie come la malaria e la tubercolosi si diffondevano rapidamente.

Carlo Levi, che in Lucania era stato mandato in esilio dal regime fascista, fece luce con le sue opere sulla condizione di degrado della società materana, portando la questione all’attenzione dell’allora capo del Partito Comunista Italiano, Palmiro Togliatti, che la bollò come ‘Vergogna nazionale’, dopo averla visitata nel ’48. Quelli che erano gli antichissimi rioni vennero sgomberati grazie ad una legge ad hoc nel 1952, e i loro abitanti trasferiti in strutture che andarono a comporre la ‘città nuova’.

Case popolari e infrastrutture erette a spese dello Stato accolsero circa diciassettemila sfollati, mentre il Sasso Barisano e Caveoso finirono per giacere nell’abbandono per molti anni, fino a che un processo di riqualificazione portò a Matera il prestigioso titolo di Patrimonio dell’Umanità Unesco.

Il quartiere Civita, una fortezza naturale nel cuore cittadino che costituisce con i due avvallamenti del Sasso Barisano e del Sasso Caveoso la parte più affascinante di  Matera. Il Sasso Caveoso conserva quasi del tutto intatte le abitazioni scavate nella roccia mentre nel Sasso Barisano si trova una ricostruzione dei Sassi in miniatura e il Museo della Civiltà contadina dove il visitatore può rendersi conto della vita che svolgevano una volta gli abitanti.

Ma non solo i Sassi sono parte integrante della visita a Matera. Numerose sono anche le Chiese rupestri che uniscono il fascino brullo della roccia alla raffinatezza e all’eleganza delle decorazioni interne. La Chiesa di San Pietro Barisano si caratterizza per la sua imponenza ed è infatti la più grande chiesa rupestre della città.

Gabriel Betti

 

Asinara selvaggia e magnifica

Visitare l’Asinara in maggio rappresenta un privilegio unico. I colori delle maestose fioriture rosse, gialle e fiordaliso contrastano con il turchese intenso del mare creando panorami unici al mondo. Girovagare in bici o a piedi per l’isola in questo periodo dell’anno in cui i turisti sono pochi e l’Isola è popolata quasi esclusivamente da asini bianchi, mufloni e uccelli è impagabile e ti permette di immergerti completamente nella magia del Parco.

Ubicata all’estremità Nord-Occidentale della Sardegna, protesa come il naturale completamento dell’omonimo Golfo, l’Asinara è per estensione la terza isola della Regione.

Con alcuni amici siamo partiti da Stintino con un servizio di taxi boat su  piccolo gommone  e oltrepassando a Sud l’Isola Piana separata da uno stretto braccio di mare poco profondo, dai colori turchesi e sabbia bianchissima, noto con il nome di “Passaggio dei Fornelli”, l’Asinara appare come un singolare distaccamento del territorio della Nurra costiera.

In una decina di minuti abbiamo raggiunto l’approdo dei Fornelli, da qui è possibile visitare l’isola con vari mezzi. Si può scegliere tra il trenino con la guida, delle piccole auto elettriche in autonomia, con dei fuoristrada con la guida, a piedi da soli o con escursioni guidate, con la bicicletta muscolare o servoassistita in autonomia.

Noi abbiamo scelto le e-bike, non essendo un granchè allenati e volendo cercare di arrivare fino al carcere che dista circa 24 chilometri di continui sali e scendi per un totale di una cinquantina di chilometri tra andata e ritorno, abbiamo escluso le muscolari decisamente troppo impegnative per dei ciclisti della domenica come noi.

Vi è anche la possibilità, e sarà la nostra prossima escursione, di visitare l’Isola in barca a vela o a motore, fermandosi nelle calette più caratteristiche dove fare il bagno e praticare snorkelling, che ci dicono può stupire anche i più avvezzi a tale attività.

Da Fornelli siamo partiti fermandoci praticamente ogni due minuti increduli per la bellezza delle fioriture, dalle mille sfumature di turchese delle calette, dagli infiniti scorci che richiedono di essere immortalati in uno scatto. Che dire poi dei tanti asinelli bianchi autoctoni che pare abbiano dato il nome all’isola e dei più comuni asini grigi importati dai guardiani delle carceri, in questa stagione abbondano i teneri cuccioli di asinelli che le mamme allattano e accudiscono lungo le strade all’ombra di arbusti o di muretti. L’origine degli asini bianchi (Equus asinus var. albina) è ancora incerta, ma la tesi più probabile sembra essere quella di uno sviluppo in loco, conseguente alla manifestazione del carattere ereditario dell’albinismo, fissato nella popolazione per via dell’isolamento

L’isola è costellata da vari edifici che facevano parte del complesso sistema carcerario, molti oggi in evidente stato di abbandono e colonizzati da animali e dalla flora, dove venivano rinchiusi i prigionieri in base alla loro pericolosità. Alla maggior parte dei carcerati era permesso uscire e lavorare, in particolare era molto sviluppata l’agricoltura e la zootecnia, ma non mancavano altre attività come il barbiere, il muratore, l’idraulico e tanti altri mestieri che permettevano alla colonia carceraria di essere pressoché autonoma.

Una parte era dedicata al ben noto carcere di massima sicurezza nel quale erano rinchiusi criminali come Totò Riina, che vivevano in assoluto isolatamente senza la possibilità di comunicare con nessuno nemmeno con le guardie e che potevano godere di una sola ora d’aria al giorno.

Purtroppo questa struttura è in ristrutturazione e quindi non è al momento visitabile.

Abbiamo anche visitato l’Ospedale delle tartarughe dove vengono portati gli esemplari trovati feriti o in difficoltà ad esempio per incidenti con natanti o perché hanno ingoiato ami o altri materiali purtroppo buttati in mare dall’uomo, così pericolosi per questi splendidi e antichi animali così come per tutti abitanti marini.

Durante le escursioni in catamarano in estate è facile scorgere branchi di festosi delfini

 e se praticate lo snorkelling l’isola dell’Asinara, da sempre protetta per sua natura dall’insularità e attualmente dai regolamenti vigenti del Parco Nazionale, offre all’osservatore una ricca biodiversità marina, fin dai primi metri di profondità.

Il subacqueo non costituisce più un pericolo e i pesci gli nuotano a fianco indisturbati o appena interessati al sedimento organico sollevato dal fondo al suo passaggio.

Sparidi, cefali e spigole nuotano liberi nella colonna d’acqua, cernie e corvine si contendono gli anfratti più ombrosi delle rocce, mentre le murene strisciano nel coralligeno in cerca di molluschi.

l’Asinara è un autentico paradiso per il birdwatching grazie alla ricca ’avifauna presente durante tutto l’arco dell’anno, a cui si aggiunge la componente migratoria stagionale, .Le pernici sono diffuse, molto più che in altre zone della Sardegna e spesso capita di osservarle a bordo strada, poco prima che spariscano in mezzo alla vegetazione.

I falchi pellegrini nidificano sulle scogliere più alte, gheppi e grillai si possono osservare nelle aree agricole e steppiche mentre cacciano utilizzando il caratteristico volo in spirito santo.

Il canto dei silvidi si alterna a quello degli uccelli acquatici che popolano gli stagni retrodunali. Le gazze, attualmente in espansione in tutta l’area della Nurra, sull’Asinara sono una presenza costante.

I ruderi degli edifici sono spesso occupati da coppie di civette e barbagianni e nelle notti estive non è raro ascoltare i richiami dei succiacapre. I ruderi, sembrano i testimoni di epoche ormai sospese in un limbo temporale.

E’ sempre opportuno ricordare che l’Isola è un Parco Naturale Marino protetto sottoposta a regole piuttosto rigide per permetterne la conservazione. Ad esempio sono vietati i veicoli a motori invece è possibile arrivare con la propria bicicletta anche servoassistita, non è possibile pernottare se non in una delle poche strutture, un ostello e una locanda a Cala Oliva, preposte allo scopo e anche i punti di ristoro non sono frequenti, li potete trovare a Fornelli, a Cala Reale e a Cala d’Oliva. Infine è vietato introdurre animali da compagnia.

Gabriel Bettiimg-20220528-wa0028